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Officine ICO

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Officine ICO

Le Officine I.C.O. costituiscono a oggi una delle prospettive urbane industriali del Novecento più note in Europa e sono l’avatar di “Ivrea, città industriale del XX secolo”.

Progettato e costruito seguendo il filo stradale di corso Jervis per successivi ampliamenti e sopraelevazioni e fino alla saturazione dell’area disponibile, la costruzione del blocco delle Officine I.C.O. copre un lungo arco temporale, dal 1898 al 1958.

Le Officine hanno ospitano la produzione Olivetti fino al 1955; con il decentramento produttivo che investe prima l’area di San Bernardo (dal 1954) e poi di Scarmagno (dal 1962), hanno ospitato uffici e laboratori fino al 1997 circa.

Un primo edificio, riconoscibile nel tratto iniziale di corso Jervis, chiamato “Mattoni Rossi”, progettato da Camillo Olivetti, è parte del complesso originario, fatto da singoli edifici collocati nell’area intorno corso Jervis: fanno parte del primo nucleo della fabbrica l’edificio OMO (Officina Meccanica Olivetti, 1926) ora inserita nella struttura del quarto ampliamento delle Officine I.C.O., la falegnameria (1927) ora ospitante la sede regionale dell’ARPA, e la fonderia (1922).

L’edificio “Mattoni Rossi” è un corpo di fabbrica di due piani fuori terra. La struttura portante vede l’applicazione del sistema Hennebique, con muri di tamponamento in mattoni, e risulta simile alle molte officine industriali che caratterizzano il panorama urbano dell’inizio del XX secolo.

Il primo ampliamento del nucleo della Mattoni Rossi è riconoscibile su corso Jervis: costruito tra 1934 e 1936 è realizzato su progetto di Luigi Figini e Gino Pollini e vede coinvolto l’Ufficio Fabbricati industriali della fabbrica. L’ampliamento è caratterizzato dalla costruzione di una trave-passerella in cemento armato addossata a un corpo di servizi, riconoscibile dietro una parete in vetrocemento, visibile dalla strada. La sua presenza segnala inoltre la collocazione di un ampio salone coperto da sheds nella parte retrostante, che ospitava la nuova officina.

Il rivestimento esterno dell’edificio è costituito da tesserine di gres di ceramica di colore beige, il cui colore originario è stato individuato dopo gli interventi per il riuso del terzo ampliamento avvenuti nel 2007. La facciata dell’edificio presenta finestre a nastro, i cui serramenti sono stati sostituiti successivamente con serramenti di produzione industriale e, alla base dell’edificio, una bassa fascia vetrata, che illumina il locale seminterrato di servizio.

Il secondo ampliamento (1936-1937; e 1937-1939) è un corpo di fabbrica di tre piani fuori terra. E’ caratterizzato dall’ingresso alla fabbrica e dalla facciata vetrata, costituita dall’accostamento di due pareti vetrate parallele. Le parti murarie della facciata sono rivestite di piccole tesserine in gres di ceramica al pari del primo ampliamento.

La parete vetrata esterna è costituita da un telaio in ferro suddiviso in 18 quadrati di dimensione, ripetuto fino a coprire la superficie. I telai sono appoggiati al filo orizzontale dei solai e corrono davanti ai pilastri della struttura, dando così la percezione di una parete appesa continua. I serramenti delle finestre sono composti da sei telai ripetuti a serie di tre, di cui quelli in basso risultano fissi, mentre gli altri sono apribili a ghigliottina (tracce dei meccanismi di apertura sono ancora visibili nell’intercapedine della parete). La parete vetrata interna risulta arretrata di circa 50 centimetri da quella su filo strada: lo spazio intermedio è uno spazio di servizio. La particolare curvatura del filo stradale ha imposto ai progettisti alcune ingegnose soluzioni architettoniche e strutturali in fase di progetto e di cantiere.

Il terzo ampliamento (1939-1941) progettato nel momento della grande espansione della produzione prebellica della fabbrica, è caratterizzato da un nuovo corpo di fabbrica di tre piani fuori terra e un piano seminterrato, inclinato rispetto ai primi, per seguire l’andamento di corso Jervis.

Il terzo ampliamento conosce molti progetti per risolvere i problemi di collegamento e di raccordo tra i diversi ampliamenti fino a quel momento realizzati che sottolineano la modernità dell’edificio.

Sono frutto di questa preoccupazione, tra gli altri, la realizzazione del “Salone dei 2000”, un grande spazio, simbolico nella storia della fabbrica. A pianta quadrangolare, viene progettato nel 1939 per risolvere il dislivello dei diversi piani di arrivo del primo e terzo ampliamento e risolto con una doppia rampa che caratterizza l’intero spazio. Questo spazio è coperto da sheds, sostenuti da pilastri con un capitello quadrato dalla particolare imbracatura a vista in ferro. E’ riconducibile a questa serie di interventi anche la costruzione a più riprese della passerella di collegamento tra il terzo ampliamento e il quarto, il cui progetto vede impegnati Figini e Pollini e gli Uffici Tecnici della Olivetti.

La passerella è diventata nel tempo un vero e proprio corpo di fabbrica arretrata rispetto al filo stradale, ospitante uffici e spazi di sosta.

Segue nel ” Polo Formativo Universitario Officina H ”

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